Non è mai facile realizzare un prequel, un remake o un sequel di un grande classico horror. Alexandre Bustillo e Julien Maury hanno raccolto la sfida decidendo di realizzare un film sull’infanzia di una delle icone horror più terrificanti di sempre, ovvero Leatherface.

“Non aprite quella porta” del 1974 è il mio film horror preferito in assoluto, quindi temevo che il film sarebbe stato un flop e invece…. i due registi hanno realizzato un’opera che mi ha davvero sorpreso!

Un plot strutturato in una maniera tanto atipica quanto geniale, con un impatto visivo stupefacente fin dal primo fotogramma. Il film inizia negli anni ’50, nella fattoria della famiglia Sawyer dove si sta festeggiando il compleanno del piccolo Jed. Una festa di compleanno davvero particolare… una festa di sangue e morte! A Jed viene regalata una motosega per uccidere, incitato dalla famiglia in una scena che ha davvero del grottesco, la sua prima vittima in assoluto. Ma Jed è spaventato e si rifiuta, un po’ come il Leatherface mostratoci da Tobe Hooper nel suo capolavoro assoluto, un mostro che reagisce con paura all’arrivo degli estranei nella sua proprietà, ma che poi non ci pensa due volte per massacrarli con la sua motosega!

La famiglia Sawyer viene presentata come una famiglia incestuosa e violenta, tra tutti spicca la madre/zia dei ragazzi, Verna (interpretata da Lily Taylor, praticamente perfetta nel ruolo), il nucleo della famiglia. Alla famiglia Sawyer si contrappone il violento ranger Hal Hartman (interpretato da un ottimo Stephen Dorff), che per alcuni versi può sembrare il cattivo della situazione.

Nel film una domanda ci sorge spontanea… chi è Jed? Chi dei quattro evasi diventerà Leatherface? Il vero volto di Jed non ci vene mostrato fino alla fine, un po’ come per farci riflettere sul fatto che chiunque può diventare il mostro, tralasciando le apparenze!

La scena clou della pellicola è quella dell’evasione dalla Gorman House, dove Verna, cercando il figlio, crea una confusione tale da permettere a quattro psicopatici violenti di scappare e di prendere in ostaggio un’infermiera. I due registi dal punto di vista visivo e tecnico ci sanno fare e ci mostrano gore e splatter in maniera massiccia e anche una poco digeribile scena di necrofilia a tre.

Un altro plauso va alla realizzazione della fattoria Sawyer. Da grande fan della pellicola originale mi sono sentito un po’ come a… casa! Soprattutto nella scena finale.

Tobe Hooper ha partecipato al film come produttore esecutivo. Il suo zampino c’è, e si vede!

VOTO: 7,5